Abstract La Corte d’Appello di Milano ha stabilito che in caso di pazienti affetti da morbo di Alzheimer o da altre patologie degenerative, ricoverati presso istituti di cura ove siano necessarie prestazioni sanitarie essenziali, che non possono essere disgiunte da quelle di natura socio-assistenziale, l’onere economico delle rette deve essere a carico del Sistema Sanitario Nazionale: la natura sanitaria del servizio deve, infatti, ritenersi prevalente, e dunque l’intera prestazione deve essere erogata a titolo gratuito Il caso L’attore si rivolge al Tribunale di Monza al fine di ottenere la restituzione delle somme corrisposte, a titolo di retta di degenza, alla struttura sanitaria in cui era ricoverata la moglie. A sostegno della propria domanda restitutoria dell’importo di oltre euro 108.000,00, l’attore riferisce che la coniuge era stata colpita nel 2011 da una emorragia cerebrale, con successivo stato vegetativo e grave deficit cognitivo: a fronte di tale quadro clinico, l’attore sostiene che le prestazioni erogate andavano qualificate quali “prestazioni sanitarie strettamente connesse a quelle assistenziali”, il cui costo deve essere sostenuto esclusivamente dal Servizio Sanitario. Il Tribunale di Monza accoglie la domanda attorea, ritenendo che le condizioni cliniche della degente (in stato assimilabile a quello dei pazienti malati di Alzheimer e dei disabili totali), valutate in concreto e alla luce della loro prevedibile evoluzione, siano tali da integrare i requisiti richiesti della normativa vigente affinché la retta di ricovero fosse posta a carico del sistema sanitario La sentenza è impugnata dalla Casa di cura. La Corte di merito rigetta l’appello, condividendo le risultanze della perizia medica svolta nel giudizio di primo grado in merito al quadro clinico della paziente, risultato tale da esigere un trattamento sanitario personalizzato, strettamente connesso e inscindibile a quello di natura socio-assistenziale, con conseguente gratuità della prestazione. La pronuncia della Corte d’Appello La Corte, ribadendo quanto già affermato in precedenti pronunce, afferma che al fine di individuare il soggetto su cui deve gravare il costo della degenza, è necessario valutare la condizione clinica del paziente e il tipo di cure di cui lo stesso necessita. La disciplina di riferimento è quella del D.P.C.M. 14.2.2001, che definisce i “Livelli Essenziali di Assistenza”, vale a dire le prestazioni e i servizi che il sistema sanitario è tenuto a fornire ai cittadini. Tali prestazioni si suddividono in tre categorie, a seconda della natura dei bisogni nonché della complessità, intensità e durata dell’intervento assistenziale: Queste ultime, in particolare, sono ipotizzabili ove si sia in presenza di un trattamento terapeutico personalizzato non connotato da occasionalità, ma diretto alla cura del paziente e strettamente connesso alla prestazione di natura assistenziale: le prestazioni di carattere sanitario non possono, dunque, essere eseguite se non congiuntamente a quelle di natura socio-assistenziale, così che non sia possibile discernere il rispettivo onere economico. In tali ipotesi la componente sanitaria è ritenuta prevalente rispetto agli altri servizi resi a favore del malato, e pertanto la complessiva prestazione deve essere erogata a titolo gratuito. Osservazioni La sentenza in esame ribadisce un principio già chiarito da altre pronunce: l’attività prestata in favore di un soggetto gravemente affetto da morbo di Alzheimer ricoverato in un istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria in quanto il malato ha necessità terapeutiche intense e complesse. In tale ipotesi la componente sanitaria deve essere ritenuta prevalente e, non essendo possibile determinare la quota relativa a tale prestazione e detrarla da quella di natura assistenziale stante la loro stretta correlazione, l’intera prestazione è ritenuta di competenza del Servizio Sanitario Nazionale. Tali principi valgono non solo in presenza di pazienti affetti da morbo di Alzheimer, ma anche in presenza di altre patologie degenerative, come la demenza senile, ovvero di disabilità dovute a deficit cognitivi. La questione centrale, dunque, attiene alla valutazione della patologia di cui è affetto il paziente e delle prestazioni di cui egli necessita affinché sia garantito il suo diritto soggettivo alla salute e alle cure, riconosciuto dall’art. 32 Costituzione. Ove emerga che, nel caso concreto, siano necessarie prestazioni di tipo sanitario, che non possono essere eseguite se non congiuntamente alle attività di natura socio-assistenziale, nulla deve essere posto a carico del paziente e della famiglia, e ove la retta sia già stata corrisposta, è possibile agire per chiedere la restituzione di quanto versato. Lo Studio Morri Rossetti & Franzosi è in grado di fornire assistenza, anche suggerendo medici di comprovata esperienza, al fine di qualificare la tipologia di prestazione erogata al malato, così da valutare le azioni più opportune, anche con richieste di rimborso alle case di cura. Lo Studio si pone come alleato per la tutela degli interessi dei soggetti più deboli, così da garantire il riconoscimento del diritto alla salute. https://www.repubblica.it/salute/2025/09/30/news/alzheimer_malati_piu_gravi_non_pagano_rsa-424941192