Abstract La dichiarazione con cui il coniuge non acquirente riconosce che l’acquisto del bene immobile durante il matrimonio è avvenuto con denaro personale dell’altro coniuge vale come confessione stragiudiziale – e quindi obbliga il giudice ad escludere il bene dalla comunione legale – soltanto se ha ad oggetto specifiche situazioni di fatto. Al contrario, se la dichiarazione è generica vale come mera manifestazione di intenti: in tal caso, per escludere il bene dal regime di comunione il coniuge acquirente deve provare di aver effettivamente acquistato il bene con denaro personale. Il Tribunale Due coniugi acquistano un immobile che viene intestato soltanto al marito, in quanto, al momento dell’atto, la donna dichiara di fronte al notaio che l’acquisto avviene con il prezzo ricavato dal trasferimento di beni personali del marito. Successivamente alla separazione, la moglie agisce in giudizio chiedendo al Tribunale di Venezia di revocare la dichiarazione con cui ha riconosciuto la casa come bene personale del marito e, di conseguenza, di dichiarare l’immobile come bene in comunione legale tra i due coniugi. Il giudice di primo grado rigetta la domanda dell’attrice, sostenendo che la dichiarazione con cui il coniuge non acquirente riconosce che il bene è un bene personale dell’altro coniuge vale come confessione stragiudiziale e, come tale, revocabile soltanto se determinata da errore di fatto o da violenza ex art. 2732 c.c.. Nel caso di specie, mancando la prova dell’errore di fatto o della violenza, la domanda di revoca della confessione viene rigettata. La Corte d’Appello e la Corte di Cassazione A seguito dell’impugnazione della sentenza da parte della moglie, la Corte d’Appello di Venezia ribalta la decisione del Tribunale. In particolare, la Corte d’Appello precisa che la dichiarazione con cui il coniuge non acquirente riconosce che l’acquisto avviene con il prezzo del trasferimento di un bene personale dell’altro coniuge non ha natura di atto negoziale di rinuncia alla comunione, ma opera sul piano probatorio come confessione stragiudiziale, con l’effetto – vincolante per il giudice – di escludere il bene dalla comunione legale. Tuttavia, prosegue la Corte, detta dichiarazione vale come confessione stragiudiziale solo quando è circostanziata e descrive una specifica situazione di fatto. Al contrario, se il coniuge non acquirente si limita a una valutazione generica sulla provenienza del prezzo pagato per l’acquisto dell’immobile, come nel caso di specie, va qualificata come “generico asserto qualificatorio”, ossia mera manifestazione di intenti, che non ha la stessa efficacia probatoria vincolante della confessione. Pertanto, nel caso esaminato dalla Corte, la dichiarazione della donna per cui l’acquisto dell’immobile è avvenuto con il prezzo del trasferimento di un bene personale del marito è condizione necessaria ma non sufficiente per escludere l’immobile dalla comunione legale. Occorre, infatti, la prova effettiva della sussistenza di una delle cause di esclusione della comunione previste dall’art. 179 c.c.. Mancando tale prova, il bene deve ritenersi caduto in comunione legale. La conclusione a cui giunge la Corte d’Appello è confermata anche in cassazione. Osservazioni Il regime patrimoniale legale dei coniugi, in mancanza di diversa convenzione, è costituito dalla comunione dei beni. La comunione legale, peraltro, non è una comunione universale, cioè di tutto quanto appartiene a ciascuno dei coniugi, ma è una comunione che ha per oggetto gli acquisti compiuti da ciascun coniuge, insieme o separatamente, in costanza di matrimonio. Si consideri, inoltre, che non tutti gli acquisti compiuti durante il matrimonio cadono in comunione legale. Occorre, pertanto, chiarire quali – tra i beni acquistati durante il matrimonio – cadono in comunione e quali rimangono beni personali, di proprietà esclusiva di ciascun coniuge. Ai sensi dell’art. 179 c.c., sono esclusi dalla comunione legale e rimangono beni personali di ciascun coniuge: Peraltro, se l’acquisto effettuato durante il matrimonio ha ad oggetto un bene immobile (o un bene mobile registrato), per escludere detto bene dalla comunione non basta che il coniuge acquirente dichiari che l’acquisto avviene con propri beni personali, ma è necessaria la partecipazione all’atto di acquisto anche del coniuge non acquirente, il quale deve confermare che l’immobile è acquistato con beni personali del coniuge acquirente (art. 179, comma 2, c.c.). Ebbene, secondo l’ordinanza in esame, la dichiarazione con cui il coniuge non acquirente riconosce che il bene immobile viene acquistato con beni personali dell’altro coniuge – e quindi è escluso dalla comunione legale – equivale a confessione stragiudiziale, con l’effetto di escludere il bene dalla comunione, soltanto se è relativa a specifici fatti esistenti (es. “dichiaro che l’immobile è acquistato con i soldi provenienti dalla vendita della casa ereditata da suo padre”). Al contrario, una dichiarazione generica circa la natura personale del denaro utilizzato per acquistare l’immobile non vale come confessione stragiudiziale e non esclude il bene dalla comunione legale, occorrendo a tal fine dimostrare con prove concrete che l’acquisto è stato effettuato con il ricavato della vendita di propri beni personali.