Abstract La Corte di Cassazione con la sentenza n. 5920 del 6 marzo 2025 stabilisce che qualora il testatore disponga di un bene determinato come quota del suo patrimonio, si ha istituzione ex re certa, con conseguente assegnazione all’erede ex re anche dei beni ignorati dal testatore o sopravvenuti dopo la sua morte La questione La disposizione con cui il testatore attribuisce singoli beni del suo asse ereditario a determinati soggetti costituisce: Può accadere che all’apertura della successione, nel patrimonio del de cuius vi siano beni non contemplati nel testamento. In tal caso, la giurisprudenza ha osservato che la successione a titolo universale gode di una vis expansiva: la quota attribuita all’erede sui rapporti del de cuius si estende a tutti i rapporti giuridici del defunto (non menzionati nel testamento, ignorati dal de cuius o sopravvenuti). Si discute, invece, se l’institutio ex re certa goda della stessa vis expansiva che caratterizza la chiamata all’eredità. In proposito la giurisprudenza ha sviluppato due tesi contrapposte. I due orientamenti della giurisprudenza Secondo una prima tesi (sul punto vedi Cass. civ. n. 17868/2019), l’institutio ex re certa attribuisce all’istituito soltanto i beni che formano oggetto della disposizione testamentaria, mentre i beni non assegnati (ignorati o sconosciuti al de cuius) sono devoluti agli eredi legittimi (quali, ex art. 565 c.c., il coniuge, i figli, i genitori, i fratelli egli altri parenti entro il sesto grado). Secondo la tesi opposta (vedi, ad esempio, Cass. SS.UU. n. 17122/2018), non vi è luogo alla successione legittima quando si è in presenza di una disposizione testamentaria a titolo universale, anche in forma di istituzione ex re certa. Questo perché la posizione dell’erede istituito ex re certa non è diversa da quella dell’erede pro quota e, pertanto, gode della stessa forza espansiva della chiamata all’eredità. Il punto di svolta: Cass. civ. n. 5920 del 6.3.2025 La Suprema Corte con la sentenza n. 5920 del 6 marzo 2025 è tornata nuovamente sul tema della vis expansiva o meno della institutio ex re certa. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, il bene oggetto del testamento era l’unico di cui la testatrice fosse a conoscenza. Pertanto, nell’attribuire la quota di tre quarti al figlio e quella di un quarto alla figlia, la testatrice voleva disporre del suo intero patrimonio, esprimendo quindi una volontà universale. Prima di redigere il suddetto testamento, la de cuius aveva disposto in vita di un bene con compravendita dissimulante una donazione, poi dichiarata nulla per difetto di forma. Il bene oggetto di tale donazione è stato quindi considerato dalla Corte come sopravvenuto nel patrimonio della testatrice: la de cuius aveva ignorato il bene al momento del testamento, perché già donato. La Corte di Cassazione ha ritenuto che il bene sopravvenuto spettasse agli eredi ex rebus certis, in applicazione del principio secondo cui la forza espansiva della vocazione a titolo universale verso i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti opera anche in favore dell’istituito ex re certa. Il punto sta nello stabilire se il de cuius non ha disposto di uno dei suoi beni perché lo ha consapevolmente escluso dalla successione testamentaria oppure perché ne ignorava l’esistenza., Al contrario, i beni consapevolmente esclusi dalla disposizione da parte del de cuius si devolvono secondo le norme della successione legittima.