Fine della relazione omoaffettiva: il genitore biologico può impedire l’adozione del minore all’ex partner? – Cass. Civ. n. 3769/2024

19 Giugno 2025

Abstract

Nel caso di una coppia omo-affettiva, è superabile la rilevanza ostativa del dissenso manifestato dal genitore biologico all’adozione speciale ex art. 44, comma 1, lett. d) della l. 184/1983 da parte del genitore d’intenzione, quando in concreto – il minore verrebbe privato di un rapporto affettivo riconosciuto fondamentale per la sua crescita e sviluppo.

Il caso

La ricorrente si è rivolta al Tribunale per i Minorenni del Piemonte e della Valle d’Aosta per domandare l’adozione in casi particolari del figlio dell’ex partner, in ragione del legame affettivo esistente con il minore, seppur non di sangue.

Il minore, infatti, è figlio biologico solo dell’ex compagna, avuto grazie al seme donatole da un amico.

Il giudice minorile ha rigettato l’istanza perché mancava l’assenso della madre biologica che costituirebbe, secondo il Tribunale, una condizione necessaria per l’adozione in casi particolari ai sensi dell’art. 46, comma 1 della Legge n. 184 del 1983.

La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Torino che però ha rigettato la domanda di adozione con diversa motivazione.

Secondo la Corte piemontese, il rifiuto del genitore biologico all’adozione va valutato caso per caso all’insegna del superiore interesse del minore. Nel caso di specie, il giudice di secondo grado non ha ravvisato questo presupposto di tutela per superare la mancanza di assenso della madre biologica.

L’istante, soccombente in entrambi i gradi di giudizio, ha proposto ricorso per Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

Tra i motivi di impugnazione la ricorrente ha lamentato che il Giudice ha rigettato la domanda senza approfondire in istruttoria l’effettivo interesse per il minore all’adozione speciale da parte della madre intenzionale.

Secondo la ricorrente, tale requisito sussisterebbe nel caso di specie in quanto tra lei e il bambino si era consolidato un legame affettivo, proseguito anche dopo la fine della relazione con la compagna e, quindi, della convivenza.

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché non ha colto la ratio decidendi della Corte territorialeche, nell’esercizio delle valutazioni di propria competenza, ha motivatamente disatteso la domanda di adozione, senza incorrere in alcuna omessa pronuncia.

In particolare, secondo la Cassazione la Corte d’appello di Torino:

  • ha seguito un percorso argomentativo in linea con la sentenza delle Sezioni Unite n. 38162 del 2022, che ha fornito i criteri per superare il diniego ingiustificato della madre biologica all’adozione speciale (i.e. esistenza di un progetto genitoriale comune, cura e accudimento del minore per un congruo periodo di tempo, etc.),
  • ha applicato i suddetti criteri al caso concreto, valutando il rapporto tra il minore e l’aspirante adottante secondo la peculiarità del caso, senza limitarsi a prendere atto del rifiuto della madre biologica,
  • ha concluso che non ricorreva nel caso specifico l’interesse del minore a tale tipo di adozione. Invero, a dire della Corte territoriale la ricorrente, che già non aveva preso parte alla fecondazione del bambino, non aveva nemmeno rivestito un ruolo genitoriale nei riguardi del minore dopo la sua nascita, tale da giustificare l’adozione speciale. Dall’istruttoria era emerso infatti che la convivenza tra i tre interessati era durata poco più di due anni, il legame tra la donna e il minore era sporadico e di tipo amicale e, inoltre, il bambino aveva chiesto informazioni sul proprio papà come persona di sesso maschile.

Osservazioni

La giurisprudenza già da tempo ha evidenziato come il dissenso del genitore biologico all’adozione speciale possa essere superato in ragione del preminente interesse del minore.

Paradigmatica in tal senso è la sentenza delle Sezioni Unite n. 38162 del 2022 che, nel giudicare il caso di due papà e un minore nato da gestazione per altri all’estero, ha precisato che il rifiuto dell’assenso all’adozione, da parte del genitore biologico, appare ragionevole solo se espresso nell’interesse del minore, ossia quando non si sia realizzato tra quest’ultimo e il genitore d’intenzione quel legame esistenziale la cui tutela costituisce presupposto per l’adozione. Se tale relazione sussistesse, il rifiuto non sarebbe certamente giustificato dalla crisi della coppia, né potrebbe essere rimesso alla pura discrezionalità del genitore biologico.

La sentenza in commento ha applicato il medesimo principio ad un caso differente: qui colei che si è posta come genitore intenzionale non ha prestato un consenso anticipato alla nascita del minore in sede di gestazione per altri o di procreazione medicalmente assistita; ciononostante, sono spendibili le stesse valutazioni delle Sezioni Unite sul superamento del rifiuto all’adozione da parte del genitore biologico.

La step-child adoption costituisce per elaborazione giurisprudenziale uno strumento di tutela in favore di chi, convivendo con il figlio minore del proprio partner same-sex, instauri un rapporto genitoriale di fatto con il minore e intenda coltivarlo dopo la fine della convivenza con il compagno, dando così una veste giuridica al proprio ruolo di cd. genitore sociale.

Dalla pronuncia in esame risulta che l’eventuale diniego del genitore biologico non precluda di per sè l’adozione nel caso particolare di cui all’art. 44, comma I, lett. d) della L. 184 del 1983, se l’adottante prova in giudizio che sussiste nel caso specifico l’interesse del minore ad essere adottato dal genitore de facto.

Del resto, come affermato dalle Sezioni Unite citate, il dissenso alla costituzione del legame di filiazione adottiva da parte del genitore biologico non può essere espressione di un volere meramente potestativo, ma va collocato in una dimensione funzionale al best interest of the child.

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